Le Smart TV della Samsung ci ascoltano

Nella politica sulla privacy, Samsung ammette che il riconoscimento vocale condivide dati delle conversazioni.

Un paio di settimane fa, qualcuno ha citato su Reddit un estratto dei termini di servizio delle Smart TV della Samsung: “Tenere presente che qualora le parole pronunciate includano informazioni personali o sensibili, tali informazioni saranno comprese tra i dati acquisiti e trasmessi al fornitore esterno per il fatto che l’utente impiega il Riconoscimento vocale”.

Samsung

Nei giorni successivi a questa rivelazioni, tutti i media hanno espresso la propria opinione su queste specie di “intercettazioni” da parte della Smart TV. Purtroppo, fino a quando non verranno create delle estensioni specifiche per queste televisioni intelligenti in grado di tutelare la privacy degli utenti (del tipo “Do Not Track” o “AdBlock“), l’unico modo per difendersi è disabilitare l’opzione di riconoscimento vocale.

Innanzitutto voglio ammettere che non conosco bene i meccanismi interni di funzionamento delle vecchie Google TV, delle Smart TV odierne della Samsung o dei futuri sistemi operativi Tizen, per cui non posso dire con certezza se si possano creare o meno plugin simili a quelli dei browser.

In ogni caso, informandomi un po’ sull’argomento, ho  visto che non esiste una politica specifica che impedisca la creazione di add-on per la privacy; tuttavia, al momento non esistono plugin per la privacy sviluppati per le Smart TV, comprese quella della marca Samsung.

Se pensate che solo Samsung abbia indicato questi termini di servizio, abbiamo cattive notizie: non è così.

Purtroppo dobbiamo aggiungere un dettaglio: se pensate che solamente Samsung abbia indicato questi termini di servizio, in realtà non è così.

Apple, ad esempio, si riserva il diritto di “utilizzare dati personali a fini interni, per verifiche, analisi dei dati e ricerche per migliorare i prodotti, i servizi e le comunicazioni con i clienti di Apple”. Inoltre, può condividere queste informazoni con le sue “affiliate” (ovunque si trovino).

Dobbiamo dire anche che Siri non immagazzina le informazioni di geolocalizzazione al di fuori del telefono; tuttavia, né nella politica di privacy né nella pagina dedicata a Siri è chiaro se vengano immagazzinate o condivise le informazioni comunicate a voce con Siri. Abbiamo contattato Apple per avere maggiori informazioni al riguardo, ma non ci aspettiamo una risposta.

Google ha ammesso di raccogliere informazioni sui servizi impiegati dall’utente, anche se nasconde intelligentemente questi dettagli nelle finestre pop-up. Le informazioni raccolte includono: uso dei dati e preferenze di sistema, messaggi Gmail (il contenuto), informazioni del profilo di Google+, foto, video, cronologia del browser, ricerce su Maps, documenti (contenuto) e altri servizi.

L’unico modo per sapere come un’azienda gestisce i dati personali è leggendo la politica sulla privacy e i termini di servizio.

Si tratta solo di un paio di esempi, tuttavia l’unico modo per sapere come un’azienda gestisce i dati personali è leggendo attentamente la politica sulla privacy e i termini di servizio.Tutti sappiamo che si tratta di documenti lunghi e difficoltosi da leggere con il loro “legalese” e che la maggior parte delle volte spuntiamo la casella confermando di aver letto e di accettare le condizioni senza averlo fatto realmente.

E spesso anche leggendo ogni riga, non è detto che riusciamo a capirci qualcosa. L’argomentazione secondo la quale accettare ciecamente delle condizioni non rappresenti un vero e proprio consenso (e tantomeno consenso informato) è valida e circola da molto tempo ormai. Per il momento, resta il fatto che accettare i termini e le condizioni di servizio senza aver letto l’accordo rimane una pratica molto comune, non importa quanto desideriamo che tali condizioni diventino più comprensibili.

Non possiamo prevedere il futuro ma possiamo dire che nel tempo ci saranno sempre più dispositivi connessi a Internet,  molti dei quali avranno probabilmente opzioni di riconoscimento vocale più efficaci ed invasive. Google, Apple, Samsung e altri giganti della tecnologia stanno avanzando verso questa strada e, che le accettiamo o meno, sono ben coscienti del problema della privacy. Venderanno pure i nostri dati a terze parti, ma è qualcosa a cui hanno pensato prima di metterlo in pratica.

Il problema sarà quando altre case produttrici non con la stessa esperienza in questioni di privacy includeranno il riconoscimento vocale nei propri prodotti. Lì le cose si faranno davvero interessanti.

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