Lettura delle impronte digitali più veloce, precisa e contactless

Al Mobile World Congress 2018 sono state presentate due nuove tecnologie per lalettura delle impronte digitali.

Tutti abbiamo più o meno dimestichezza con i sensori delle impronte digitali: probabilmente li utilizzate ogni giorno per via dello smartphone o, anche se non è presente sul vostro telefono, magari vi siete imbattuti in questa tecnologia durante l’iter burocratico per ottenere un visto ed entrare in un altro paese, oppure in altre circostanze (dopotutto si tratta di un sistema abbastanza diffuso che serve per confermare l’identità di una persona).

Abbiamo già parlato in precedenza dei pro e dei contro dell’uso delle impronte digitali a scopo identificativo ( da un lato la comodità, dall’altro i rischi). In questo post, invece, parleremo di due metodi di analisi delle impronte digitali presentati all’ultimo Mobile World Congress 2018.

Come funziona l’identificazione delle impronte digitali

Ci sono vari modi per raccogliere le impronte digitali di una persona, il metodo più comune è di collocare il dito su un sensore che, ad esempio, identifica le differenze nel campo elettrico di varie parti del dito, formando un’immagine completa delle creste e dei solchi che compongono l’impronta. Oppure si utilizza semplicemente una fotocamera o si impiegano onde a ultrasuoni che, al riflettersi sul dito, creano una mappa in 3D del dito. Insomma, ci sono vari modi per ottenere un’impronta digitale.

Quando vi viene chiesto di collocare il dito su un sensore per confermare la vostra identità, viene ricavata nuovamente l’impronta per essere confrontata con le immagini presenti nel database. Se un certo numero di linee e caratteristiche dell’immagine nel database che vi riguardano corrispondono (o almeno corrispondono in parte) con le linee e le caratteristiche dell’immagine creata con il lettore, allora la vostra identità potrà essere confermata. Potete così sbloccare lo smartphone, entrare in un nuovo paese o fare qualsiasi cosa che richieda l’accesso via impronta digitale.

Lettura contactless delle impronte digitali

Tutti i metodi appena indicati richiedono che la persona tocchi il sensore per un paio di secondi (in certi casi bisogna pulire il dito e riprovarci, poiché gli scanner a volte non funzionano adeguatamente). Uno scanner capacitivo non rileva le impronte se il dito è umido e la fotocamera può non essere precisa se il dito si muove troppo velocemente (lo stesso vale per i sensori a ultrasuoni). Sebbene tutte queste tecniche possono andar bene per uno smartphone, non è particolarmente igienico quando ci si trova in un posto dove vengono analizzate migliaia di impronte digitali ogni giorno. Per non parlare del fatto che, soprattutto in posti molto affollati, si tratta di metodi forse troppo lenti.

Al Mobile World Congress 2018, l’azienda francese Idemia ha presentato un nuovo metodo di lettura delle impronte digitali che non implica toccare alcun sensore. Basta passare la mano sopra lo scanner a una distanza di qualche centimetro (senza toccarlo, evitando l’eventuale contatto con batteri) e le numerose fotocamere presenti sulla superficie dello scanner riprendono la mano in movimento da varie angolazioni. Un algoritmo basato sull’apprendimento automatico crea poi un modello in 3D delle dita.

Le fotocamere funzionano correttamente se ci sono condizioni di illuminazione specifiche, perciò il sistema di Idemia impiega delle luci verdi per illuminare la mano. Probabilmente avrete già visto lettori simili che impiegano fotocamere e luci verdi, ma la differenza sta nel fatto che Idemia ha implementato tutto ciò su un modello in 3D, e non su una immagine a due dimensioni.

Il modello in 3D e l’utilizzo di numerose fotocamere conferiscono al lettore di Idemia un duplice vantaggio rispetto ai lettore con un’unica fotocamera che crea un’immagine piatta. Innanzitutto un’ottima combinazione tra velocità e precisione (ogni fotocamera scatta una decina e più di foto) e l’algoritmo è abbastanza veloce da riuscire a processarle in una frazione di secondo. Di conseguenza viene creata un’immagine ad alta risoluzione in pochissimo tempo: di solito in meno di un secondo si scansiona, processa e si confronta l’impronta di quattro dita in un colpo solo.

Il secondo vantaggio, ovviamente, è che non necessario toccare il sensore. Per ottenere una buona immagine, bisogna tenere fermo il dito e premerlo sulla superficie del lettore. Grazie a questo metodo, invece, non bisogna preoccuparsi della qualità di ogni singolo fotogramma, analizzando e combinando i dati di tutti i fotogrammi si ottiene un’immagine di migliore qualità. Per questo è sufficiente far scorrere la mano lungo il lettore.

Idemia ritiene che i lettori di questo tipo possono essere utili soprattutto in situazioni dove si richiede una certa velocità, come negli aeroporti. O possono essere metodi di autenticazione adeguati per uffici, grazie ai quali i dipendenti non devono fare la fila per entrare sul posto di lavoro.

Identificare uno zombie con uno lettore di impronte digitali

Indipendentemente dalla qualità dell’immagine, i rappresentanti di Idemia riconoscono che non si tratta di un metodo estremamente sicuro. Ad esempio, si potrebbe ingannare lo scanner di Idemia con una buona riproduzione in 3D della mano. Per migliorare la sicurezza, i rappresentanti di Idemia suggeriscono l’uso contemporaneo di diversi fattori di autenticazione, come riconoscimento facciale o dell’iride insieme alle impronte digitali. E, dopotutto, non è molto comodo andare in giro in aeroporto con una copia in 3D di una mano, un paio di occhi umani e uno scanner sono sufficienti.

Ma c’è un altro modo per riconoscere un oggetto inanimato come una mano stampata in 3D (o la mano di una persona deceduta, sappiamo che ci avete pensato) da una mano di una persona viva quando si usa un lettore di impronte digitali. La compagnia cinese Real iDentity lo ha presentato al Mobile World Congress 2018.

Questa tecnica unisce il sensore capacitivo tradizionale con la rilevazione del cosiddetto “microsudore”. Tutti gli esseri umani traspirano costantemente (a volte di più, a volte di meno, ma il sudore è una costante). Il lettore riconosce i solchi e i rilievi dell’impronta digitale ma anche le mini particelle di sudore presenti sul dito. E grazie a ciò non si può cadere nella trappola di eventuali mano in stampa 3D o dita tagliate che, come potete immaginare, non sudano.

Real iDentity non ha rivelato in che modo viene rilevato il sudore. Precedenti ricerche di altre aziende suggeriscono l’uso di un sistema di emissione di raggi X e un sensore foto, oltre al normale sensore capacitivo. Il sudore umano non è composto solamente da acqua e sale ma da altri elementi chimici come il potassio, che assorbe i raggi X ed emette luce, il che permette di fare una distinzione tra sudore, acqua e altre sostanze chimiche. In teoria, la rilevazione del microsudore può essere implementata nei metodi contactless, anche se nella dimostrazione di Real iDentity sì che bisogna toccare il sensore.

Questa tecnica non è ancora stata testata sugli zombie, che in teroia non sudano. Grazie a questo sensore, quindi, potremmo essere in grado di fare la distinzione tra uno zombie intelligente e un essere umano stupido.

Una tecnologia presente ovunque

Le due nuove tecnologie appena descritte sembrano dare un passo in avanti verso la modernizzazione del riconoscimento via impronte digitali. Non potranno sostituire tutti i sensori ma potrebbero ampliare l’uso dell’autenticazione via impronta digitale in settori in cui non è mai stata utilizzata fino ad ora. E, se lo si guarda da un altro punto di vista, tutto ciò porterà a una tecnologia più veloce e sempre più sicura.

Il rovescio della medaglia rimane sempre lo stesso: le impronte digitali si possono ottenere facilmente e si possono falsificare, anche se le nuove tecnologie fanno di tutto per evitare che ciò accada. Ma se accade, un’impronta digitale non può essere cambiata come avviene con le password. Quindi è meglio impiegare la biometrica come metodo di protezione secondario, come misura di sicurezza aggiuntiva, non come una soluzione sostitutiva.

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