Sistemi di bordo elettronici di oggi e del futuro

Possiamo fare qualcosa per ridurre i rischi legati agli errori umani? La risposta è sì, si può!

In seguito al tragico evento che ha occupato i titoli di tutti i giornali, una domanda sorge spontanea: fino a che punto possiamo considerare un volo sicuro se poi uno dei piloti impazzisce? Possiamo fare qualcosa per ridurre i rischi legati agli errori umani? La risposta è sì, si può! Prima di tutto bisogna parlare dell’impiego commerciale su grande scala del sistema co-sviluppato da Boeing and Honeywell, uno dei principali fornitori di tecnologie aerospaziale.

Il sistema si basa su di un principio molto semplice: se la situazione all’interno della cabina di pilotaggio diventa critica, allarmante o si verifica un evento sconosciuto, tutti i sistemi di pilotaggio di bordo si disattivano e non sono più operativi. Un pilota può spingere qualsiasi bottone o cercare di attivare qualsiasi meccanismo, ma si troverebbe nella stessa situazione di questo simpatico scoiattolo – dato che tutti i comandi di pilotaggio verrebbero gestiti da operatori di terra.

Come funziona? Naturalmente qui non ci sono joystick e elmetti per la realtà virtuale. Tutti i parametri del volo vengono caricati sul Flight Management Computer. Il sistema è in grado di operare sul volo direttamente da terra. Come potete immaginare, ci sono già diversi sistemi elettronici che dovrebbero essere in grado di offrire questa possibilità, e sono già disponibili.

Flying by wire

Negli aircraft di oggi, il sistema di controllo Fly-by-wire è tra i più diffusi. Il primo aircraft ad averlo utilizzato è stato l’Airbus A320, negli anni ’80. Si tratta di una tecnologia al tempo lungimirante: i tradizionali comandi meccanici vengono sostituiti da un’interfaccia elettronica, attraverso l’impiego di, per esempio, sistemi di cavi, pulegge, circuiti idraulici, ecc.. (mantenendo in alcuni casi una certa connessione meccanica). Tutti questi comandi elettronici vengono controllati da un computer e sono connessi tramite cavi (da qui il nome Fly-by-wire, dove wire significa cavo).

I vantaggi connessi all’uso di questa tecnologia sono molteplici: l’aircraft sarà più leggero, meno costoso e più affidabile, soprattutto in termini di sicurezza. Perché il pilota di Germanwings non ha fatto schiantare in picchiata l’aereo? Probabilmente non ha avuto altra scelta! I controlli automatici dell’aereo non gli permettevano attivare un pitch negativo (un tipo di rotazione) e atterrare bruscamente.

Quando la velocità diminuisce bruscamente e si posiziona sotto il limite consentito, un sistema elettronico intelligente accelera automaticamente.

Per la stessa ragione non è possibile per una compagnia aerea moderna avere un incidente per via di una disfunzione a livello di stallo aerodinamico o di vite: quando la velocità diminuisce bruscamente e si posiziona sotto il limite consentito, un sistema elettronico intelligente accellera automaticamente.

Quanto più il sistema di bordo è gestito da un computer, migliore sarà il sistema del piloto automatico. Per esempio, potrebbe finire col’occuparsi di diversi compiti come gestire parametri tra cui la direzione, la velocità, l’altitudine, così come “settare” la rotazione in base all’angolo richiesto, allungare il carrello di atterraggio, attivare il bloccaggio automatico o, per farla breve, far atterrare l’aereo in modalità automatica senza che il pilota debba intervenire.

Sarebbe poi il colmo se in remoto si potesse caricare all’interno del sistema di bordo i parametri del volo e offrire una forma di atterraggio alternativa, il tutto amministrato da lì.

Gli indispensabili beacon

Come molti di voi immagineranno, per far funzionare la magia, un sistema di navigazione preciso è di primaria importanza. Fortunatamente, l’industria aerea ha avuto accesso già da tempo alla tecnologia necessaria. Gli esperti del settore aeronautico usano le radio beacon: impostando il ricevitore su di una certa frequenza, un pilota può stabilire la posizione dell’aircraft in base al raggio del beacon.

Il beacon più primitivo, chiamato Non-Directional Beacon o NDB, era dotato di una sola antenna e i sistemi di bordo erano capaci di determinare dove il beacon si trovava in base alla posizione dell’aircraft.

Un altro tipo di beacon, il VOR (VHF Omni-directional Radio Range), si basa su di un concetto molto più complicato. È formato da diverse antenne che vengono posizionate in cerchio e, grazie all’effetto Doppler, determina la posizione dell’aircraft all’interno della portata del beacon oppure, detto in altre parole, l’attuale corso dell’aircraft in relazione al beacon.

Spesso, per poter definire la distanza tra loro, i VOR vengono associati ad un altro tipo di beacon, i DME o Distance Measuring Equipment. I sistemi di bordo inviano le richieste, il beacon invia le risposte e la differenza in termini di tempo necessaria per il raggiungimento del segnale, serve a definire la distanza. Con tutti questi dati, è possibile definire la posizione di volo con la massima precisione.

Atterrare dove possibile

Per atterrare vengono usati l’azimut e un trasmettitore che determina l’altitidine – e vengono usati insieme, nella loro forma ILS o Instrument Landing System (in italiano sistema di atterraggio strumentale).

Ecco come funziona: il trasmettitore azimut ha il compito di formare due “campi” con diverse frequenze radio (uno a sinistra e uno a destra della pista). Se la potenza del segnale è uguale per entrambi, l’aircraft verrà posizionato direttamente lungo l’asse centrale della pista e tutto funzionerà come un orologio svizzero. Se uno dei due segnali è più forte, allora l’aircraft  dovrà spostarsi a sinistra o a destra ed adattarsi.

Il trasmettitore che calcola l’altitudine funziona in base allo stesso principio, ma i “campi” vengono usati per identificare rispettivamente la posizione rispetto l’asse verticale secondo la glide slope line (il sentiero di discesa sul quale l’aircraft si posiziona quando atterra). Il principio rimane lo stesso: quando un segnale diventa più forte di un altro, il pilota deve adattare la velocità verticale per poter tornare sul tracciato.

Satellite aiutaci ad atterrare

Esiste un sistema d’approccio e d’atterraggio alternativo che utilizza SatNav: si chiama GLS (GNSS Landing System). Il principio base di questa tecnologia sta nell’individuare la posizione del volo attraverso le coordinate satellitari fornite da un sistema SatNav, come, per esempio, GPS o Glonass.

Dato che la precisione del sistema satellitare di geoposizione non è alta per l’atterraggio, per fornire un segnale altamente preciso vengono impostati da terra dei GBAS (i beacon Ground Based Augmentation System).

A differenza del satellite, le stazioni trasmittenti che si trovano a terra vengono fissate in base alle piste e vengono posizionate il più vicino possibile agli aircraft. Di conseguenza, il margine di errore rispetto alle coordinate della posizione dell’aircraft non eccede i 10 piedi (circa 3 metri). L’aspetto positivo di questo sistema è la sua “convenienza” (in questo modo non sarà necessario avere beacon separati per ogni pista), la sua affidabilità e la grande precisione nel guidare il velivolo secondo la glide slope.

Tutte queste soluzioni tecniche sono disponibili ed operative già oggi; tuttavia se dobbiamo augurarci che tutto questo venga automatizzato completamente nel sistema di bordo rimane una domanda senza risposta. In teoria tutta la tecnologia necessaria è già disponibile ed i piloti di oggi, infatti, gestiscono il volo dall’interno della cabina solo in caso di emergenza.

Il problema è che, in caso di emergenza, uno non può affidare all’elettronica o all’informatica il controllo completo del volo. Ecco perché è improbabile che nel futuro si vedano voli senza piloti. Inoltre, ci vorrebbero risorse economiche pressoché infinite per ridisegnare gli aerei in base a questo sistema, ragion per cui non sarà possibile aggiornare nel breve termine ogni singolo aircraft con un sistema automatizzato senza pilota.

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