Google I/O 2015: 7 cose che devi sapere su Android M

Durante il Google I/O di quest’anno, la famosa conferenza che si tiene ogni anno a San Francisco, Google ha presentato tutta una serie di novità. Oggi ne analizziamo alcune: dalla nuova politica sui permessi concessi alle app, a Android Pay e Now on Tap.

Nonostante Google I/O sia una conferenza indirizzata principalemente agli sviluppatori, attira sempre l’attenzione di tutti, giornalisti e consumatori. La ragione è semplice: durante questa serie di conferenze Google ha svelato le nuove feature del suo software, i nuovi servizi e prodotti che molto presto cambieranno la vita di tutti noi. Diamo un’occhiata alle principali novità, naturalmente dal punto di vista della sicurezza informatica.

1. Android M: permessi per le app personalizzabili

La prima grande novità presentata a San Francisco da Google è Android M, dove M sta per… beh a dire il vero ancora non si sa. Per la release finale dovremmo aspettare ancora un po’, probabilmente l’autunno di quest’anno. La prima novità riguarda la nuova politica di permessi per le app.

Nella versione attuale di Android, gli utenti devono concedere tutta una serie di permessi al durante il download, quando si installa l’app, e le app di oggi sono piuttosto “esigenti”: molte vogliono accesso alla macchina fotografica, al microfono, alla lista dei contatti, agli SMS e così via. L’unica cosa che l’utente può fare è accettare o non accettare, e se non accetta non installa l’applicazione.

Con Android M, l’utente potrà concedere (o negare) ogni permesso al momento dell’utilizzo, e non in fase di download o installazione. Inoltre, Android M sarà dotato di una sorta di permission manager dal quale sarà facile gestire permessi specifici, come l’accesso alla macchina fotografica, o all’album delle foto ecc. In questo modo sarà possibile modificare le impostazi e i permessi a piacimento, per esempio, potrete disattivare l’accesso alla macchina fotografica a tutte le app o solo ad una.

Sono davvero buone notizie, e non è finita qui perché la nuova politica sui permessi non riguarda solo le nuove app disegnate per Android M, ma anche le app precedenti. In questo modo avremmo finalmente la libertà di scegliere che ‘fetta della torta’ della nostra privacy dare in pasto agli sviluppatori di app – e quanto grande. In poche parole, è uno strumento vantaggioso per quelle persone a cui importa molto proteggere la propria privacy, ed è comunque una funzione interessante anche per i più permissivi.

2. Android M: Now on Tap

Al momento Google Now raccoglie dati dai tutti i Servizi di Google che usiamo: li prende da Gmail, dalle ricerche, dalla localizzazione e così via. Le cose sono destinate a cambiare: una delle più grandi novità di Android M è “Now in Tap”, la ricerca contestuale. Questa funzionalità permetterà a Google di ottenere dati da ogni app e usarli per offrire agli utenti consigli e suggerimenti.

È ufficiale: Google riceverà dati sui suoi utenti anche da app terze. Tuttavia il gigante della tecnologia ha affermato che l’azienda utilizzerà questi dati solo per rendere la vita degli utenti più comoda. Come fa sempre.

3. Google Foto

Da ora in poi Google Foto non sarà più parte di Google+, tranne le app e i servizi stand-alone. Ci saranno un sacco di nuove funzionalità renderanno più facile salvare e organizzare le foto. Il cloud storage sarà gratuito ed illimitato per tutte le immagini fino a 16 megapixel e tutti i video in alta definizione fino a 1080p.

A quanto pare Google vuole che salviate sul cloud tutta la vostra vita. Il servizio include feature come il riconoscimento dei volti (riconoscere persino i neonati!), così come altre simpatiche funzionalità come il geotagging o innovative forme di ricerca di immagini.

5. Sensori per la lettura dell’impronta digitale

Esistono già smartphone Android con il supporto per lettori d’impronta digitale, tuttavia tutti i produttori che vogliano implementare questa feature devono farlo per conto proprio. Con Android M sarà più facile usare il lettore d’impronta digitale perché la nuova versione dell’OS mobile di Google ha un supporto integrato per questi sensori. Questo significa che gli utenti possono usare il sensore per sbloccare lo smartphone o autenticarsi su app e servizi online senza dover dar la propria impronta digitale a nessuno, eccetto Google.

Non si sa fino a che punto l’impronta digitale sia sicura, tuttavia, al momento, non c’è dubbio che si tratti di un metodo di gran lunga più sicuro che la password o in PIN, che sono ancora i metodi più utilizzati.

5. Android Pay

Parlando di protezione, quello che a tutti gli utenti interessa proteggere sopra ogni cosa sono i propri soldi, necessità che ora si fa ancora più sentire dato che Google ha introdotto già da tempo il suo nuovo sistema di pagamento mobile chiamato Android Pay. In poche parole, è come Apple Pay ma di Google. Nella vita reale funziona solo via NFC (a differenza di Samsung Pay che può essere usato anche nei POS) e permette anche l’acquisto in-app.

Potete usare Android Pay non solo per salvare i dati della vostra carta di credito o di debito, ma anche carte fedeltà, coupon e gift card. Naturalmente, potete usare qualsiasi di queste tessere per pagare e se vi state chiedendo cosa accadrà a Google Wallet, ecco la risposta: non cambierà nulla, ma solo nei pagamenti da persona a persona.

6. Hands-free payment di Google

E le novità non riguardano solo i metodi di pagamento: Google ha preparato alcune funzionalità incredibili che l’azienda testerà in collaborazione con McDonalds e la catena di pizzerie Papa Johns, nella zona di San Francisco. Lo chiamano “Hands-free payments” e funzionano così: i clienti scaricano una app e quando verificano la disponibilità del prodotto che vogliono acquistare in un negozio, non dovranno nemmeno tirar fuori il telefono. Tutto quello che dovranno fare è dirigersi in cassa e dire “vorrei pagare con Google”.

Sfortunatamente, non si sa ancora quale sarà il funzionamento di molte delle feature e quali tecnologie verranno utilizzare per pagare in modo sicuro.

7. Brillo: il software per i dispositivi IoT software

Abbiamo parlato spesso di Internet delle Cose e di quanto insicuro sia. Una delle ragione principali che rendono questi dispositivi insicuri è il fatto che la maggior parte dei fabbricanti basano i propri dispositivi su piattaforme di software con Linux che non vengono personalizzate e raramente vengono aggiornate una volta create le piattaforme.

Google sembra disposto ad offrire una soluzione a questo problema. Si chiama Brillo ed è un software per dispositivi IoT. La piattaforma si basa su Android, ha una lista ridotta di feature e funzionalità che possono essere configurate anche dopo la sua creazione, il che la rende più adatta ai dispositivi di Internet delle cose

Ci sono quindi almeno due buone notizie. In primo luogo ci troviamo di fronte ad una piattaforma personalizzabile e creata ad hoc da una delle principali aziende del settore dei software. La seconda buona notizia riguarda gli aggiornamenti: è probabile che li riceveremo in tempo.

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